CopertinaContributi e SegnalazioniPiet Mondrian: saggio storico sugli scritti del grande pittore olandese
13 Ottobre 2022 Redazione A&S 3749
Con la sua pittura, Mondrian ha contribuito allo sviluppo del Modernismo e del Minimalismo nell’Arte del Novecento. Fu esponente di punta del neoplasticismo, un movimento artistico fondato nel 1917 nei Paesi Bassi, in concomitanza con l’uscita del primo numero di De Stijl, rivista ideata dallo stesso Mondrian e da Theo van Doesburg.
Il seguente saggio critico a firma del prof. Giovanni Cardone è tratto da una sua recente pubblicazione dal titolo Astrattismo e Futurismo Idee per un rinnovamento della ricerca artistica all’esordio del ‘900, scritta in collaborazione con il critico d’arte Rosario Pinto e pubblicata dalla Printart Edizioni Salerno.
Abbiamo da una parte una ricerca plastica che sviluppa l’ipotesi a cui Mondrian è arrivato verso il 1916 in molteplici delle sue possibilità, dall’altra una sequenza di scritti che tendono ancora oltre, alle possibili realizzazioni in tutti i mezzi artistici e nella vita.
Gli scritti, per la loro diversa destinazione e momento o per il loro oggetto, ripropongono l’ipotesi teorica fondamentale di Mondrian mentre la rimettono a punto, ma affrontano almeno altrettanto i problemi della sua espressione in concetti segnati dal loro uso passato, e della sua realizzazione a confronto con le ricerche più avanzate nelle arti come pure con le condizioni storiche e pratiche del suo tempo.
Perciò, la scelta di estrapolare da ogni testo i frammenti che introducono elementi nuovi, e che possono permettere di costruire un intreccio di rapporti e di risonanze attraverso tutti gli scritti: tanto più che, a differenza degli altri protagonisti di questa storia, sono recentemente tornate disponibili delle traduzioni italiane almeno per una parte dei testi di Mondrian. Ho voluto considerare alcuni scritti di Mondrian e riportarli per far capire lo spessore culturale di un artista che con la sua arte ha influenzato ed influenza ancora tantissimi artisti.
Il neoplasticismo è più matematico che geometrico. Esso è esatto. Né nella musica, né nella pittura, esso è una negazione della realtà. Esso è astratto-reale, proponendosi l’espressione plastica più approfondita possibile della realtà. Il senso delle parole si è modificato a tal punto attraverso la tradizione, la storia... che oggi l’espressione astratto è considerata equivalente ad esempio a in determinato o irreale e l’interiorizzazione è identificata con una sorta di beatitudine tradizionale. Anche il concetto di plastica si è modificato a causa dell’accentuazione della disposizione individuale. Esso si è ristretto avvicinandosi al senso della morfoplastica.
Nel suo significato più ampio e più profondo, la plastica significa però solo produzione di un’immagine e nient’altro. Si ritiene comunemente che nella pittura la rappresentazione plastica senza forme limitate si perda nella decorazione. Come la parola plastica, tutto dev’essere inteso nel senso dello spirito nuovo, se si vuol capire qualcosa. L’intelletto può certo esser d’aiuto a depurare i vostri concetti, ma soltanto l’espressione plastica assoluta ha la forza di far vedere le cose come sono. La concezione del bello e dell’arte è relativa. La bellezza in sé è così grande, così profonda, così inesauribile che può rivelarsi in forma sempre nuova, con una forza sempre più intensa. La superiorità dell’arte del futuro deriva proprio da ciò. Essa dipende unicamente dalla superiorità della concezione.
La bellezza e l’arte non sono più per l’uomo del futuro quello che erano per l’uomo del passato. La fusione e la ripetizione sono i caratteri principali del naturale. I rumori in natura risultano da una fusione simultanea e persistente. La vecchia musica, distruggendo in parte questa fusione e la persistenza, trasse dal rumore dei suoni e li ordinò in una determinata armonia. Così facendo non si sollevò però al di sopra del naturale. Per lo spirito nuovo questo grado di determinazione è insufficiente. La scala musicale e la composizione rivelano un movimento all’indietro verso il rumore, verso la fusione e verso la ripetizione.
Al fine di pervenire ad un’espressione plastica più universale, la nuova musica deve osare un nuovo ordinamento dei suoni e dei non-suoni (determinati rumori). Luigi Russolo dice che con i suoi intona rumori si possono realizzare melodie diatoniche e cromatiche in tutti i toni possibili della scala e in ogni ritmo. Ma in tal modo si conserva il vecchio tipo di espressione e ciò rende impossibile la nuova musica, poiché questa richiede al contrario una costante abolizione, ossia un annientamento della ripetizione. Nella composizione il mezzo plastico universale dev’essere portato a espressione in una pluralità costantemente variabile (non in una ripetizione al modo della natura).
Senza formare simmetrie, tutto dev’essere però dominato dall’equilibrio, perché l’espressione plastica risiede nei rapporti estetici. Ciò nondimeno il movimento interiore che essa provoca persiste, anche se non è uguale a quello della vecchia musica. La jazz band si libera già in modo più deciso dell’armonia tradizionale, probabilmente perché non si sente tenuto a fare arte. Pur non possedendo i vantaggi meccanici dei rumoristi, la jazz band si eleva al di sopra di essi grazie alla libertà lasciata all’intuizione nella possibilità di intervenire liberamente.
Dopo che la scoperta della fotografia ebbe inferto un colpo mortale (secondo André Breton) al vecchio modo di espressione, salutiamo un altro di tali colpi nell’invenzione degli intona rumori. Questi portarono infatti in luce il naturalismo e l’individualismo che rimanevano celati nella musica. Si credeva di dare alla musica un’espressione plastica più universale introducendo in essa la realtà ma, mentre si fissava lo sguardo sulla realtà, si aprivano al contrario tutte le porte a ogni forma di individualismo. I rumoristi ce lo hanno indicato chiaramente. I loro rumori sono imitazioni di suoni naturali. La limitazione del suono sarà trovata nel suono stesso. Esso viene rafforzato solo da una breve interruzione, così come la linea rafforza il limite del colore. Questa interruzione non diventa mai la pausa della musica tradizionale. L’un suono viene seguito immediatamente da un altro... che è realmente altro.
In un quadro neoplastico noi vediamo relazioni continue; dopo la prima impressione generale l’occhio va da un piano alla sua opposizione e dall’opposizione al piano. Così non si determina alcuna ripetizione ma sempre nuove relazioni, attraverso le quali si fissa in noi l’impressione totale. Anche il luogo in cui la musica neoplastica sarà eseguita dovrà soddisfare esigenze nuove. In breve la sala non dovrà più essere né una sala di teatro né una chiesa, bensì uno spazio coperto aperto e fresco che soddisfi tutte le nuove esigenze di bellezza e di utilità, della materia e dello spirito.
Non ci sarà personale a vigilare o servire durante gli intervalli; un buffet automatico o meglio ancora niente buffet. Si potrà infatti uscire dall’edificio senza perdere nulla. Le composizioni potrebbero infatti essere ripetute da capo di tanto in tanto nello stesso modo, come nei nostri cinematografi lo stesso film viene proiettato di nuovo a ore fissate. Piani rettangolari in colore e non-colore potrebbero essere proiettati come immagine luminosa su uno schermo o singolarmente o l’uno dopo l’altro. Questi piani e la loro composizione non dovranno essere tratti semplicemente da opere pittoriche perché (come nella musica) in un’espressione plastica nel tempo si manifestano altre esigenze. Vediamo l’architettura trapassare gradualmente nella costruzione; l’artigianato artistico dissolversi man mano nella produzione industriale; la scultura è diventata principalmente decorazione oppure si risolve in oggetti di lusso e d’uso; il teatro è soppiantato dal cinema e dal music-hall; la musica dalla musica da ballo, dal grammofono; la pittura dal cinema, dalla fotografia, dalla riproduzione e così via.
La letteratura era già passata, in gran parte, per la sua stessa natura, all’uso pratico (scienza, giornalismo, ecc.) e questa situazione si accentuerà ancor più col tempo. Nonostante tutto ciò, le arti continuano e cercano di rinnovarsi. Ma la via che conduce al rinnovamento consiste nella loro distruzione. Evolversi significa rompere con la tradizione. L’ambiente come la vita ci appaiono poveri nel loro stato di incompiutezza e nella loro arida necessità. L’arte diventa così un’evasione. La bellezza e l’armonia vengono cercate nell’arte perché mancano nella nostra vita e nel nostro ambiente. Così la bellezza e l’armonia sono diventate un ideale irraggiungibile: in quanto arte sono separate dalla vita e dall’ambiente. L’io fu libero così di dedicarsi al gioco della fantasia e di indugiare nell’introspezione, nel piacere dell’autoriproduzione: nel creare una bellezza a propria immagine. La vita reale così come la vera bellezza furono perdute di vista. Tutto ciò fu inevitabile. Così l’arte e la vita si resero indipendenti l’una dall’altra. L’arte della costruzione, la scultura, la pittura e le arti minori si fonderanno nell’architettura, ossia nel nostro ambiente. Le arti meno materiali si realizzeranno nella vita. Il concetto neoplastico, nella sua realizzazione futura, andrà molto oltre l’arte. I risultati conseguiti nell’arte devono per il momento restare limitati all’arte. L’esteriorità che ci circonda non può ancora essere realizzata come espressione plastica pura dell’armonia.
L’arte occupa oggi il posto che fu un tempo della religione. La religione consisteva sostanzialmente nella trasformazione del naturale; nella pratica essa cercava sempre di armonizzare l’uomo nella natura e con la natura: una natura come natura e quindi non trasformata. Lo stesso vale in generale anche per la teosofia e l’antroposofia: pur conoscendo tutte il simbolo primordiale dell’equilibrio, non riuscirono però a vivificare il rapporto equivalente, l’armonia reale, pienamente umana. L’arte cercò invece tale trasformazione nella pratica.
L’arte sta già in parte dissolvendosi, ma la sua fine sarebbe ora prematura. Poiché la sua ricostruzione nella vita non è ancora possibile, un’altra arte è ancora necessaria, ma il nuovo non può essere costruito con i materiali vecchi. Così anche gli esponenti più avanzati del futurismo e del cubismo si ritirano in misura più o meno grande verso il vecchio, o almeno non riescono a liberarsene. Le grandi verità da essi proclamate non si realizzano nella loro arte. Ma anche l’architettura neoplastica come opera d’arte può essere realizzata solo sotto certe condizioni. Essa richiede, oltre alla libertà, anche una preparazione. Questa preparazione non può essere realizzata nel modo di costruire abituale. L’esecuzione in cui ogni particolare dev’essere inventato e risolto è troppo costosa o impossibile nelle circostanze attuali. Una libertà assoluta di continua ricerca è necessaria perché un’arte possa essere portata al suo culmine. La nuova visione (ancor prima del neoplasticismo) non procede da un punto di vista determinato: essa pone il suo punto di vista ovunque e non è limitata in nessun punto.
Essa vede pertanto l’architettura come una molteplicità di piani. La concezione neoplastica degli oggetti d’uso, ecc., i quali devono risolversi nel tutto e annullarsi reciprocamente, è in totale conflitto con certi movimenti moderni, che tendono a considerare gli oggetti d’uso in sé come oggetti artistici. Essi vogliono pertanto fare dell’arte un’attività sociale, collocarla nella vita. Di fatto l’arte così concepita non è altro che la creazione di quadri o di sculture, ma in un modo impuro, poiché l’arte richiede la libertà. Tali sforzi provocano danni anche alla pittura pura, poiché essa si serve di elementi plastici puri. Questa pittura diventa allora decorativa. In quest’epoca si osserva l’impossibilità di avere principi validi in generale. In essa si rileva quanto sia insostenibile un’idea stabile, un concetto incrollabile circa il percepibile. Essa non considera seria o vera nessuna opinione umana e vede in tutto la relatività. Questo giudizio è maturato tanto attraverso l’arte, la filosofia, la scienza (fra l’altro con la teoria della relatività) quanto attraverso la stessa vita pratica. Non si vuol più costruire su dottrine, nemmeno sulla logica. Tutto il nostro egoismo umano vuole l’immutabile. Poiché questo è irraggiungibile, noi torniamo a rivolgerci al relativo e vogliamo renderlo stabile: essendo impossibile anche quest’impresa, torniamo a cercare l’immutabile, anche trascurando il mutevole. Fino ai nostri giorni la cultura si è fondata sul relativo e su un’immagine tradizionale dell’assoluto, che era diventata un assioma.
L’immagine dell’assoluto era forma, così come il relativo è forma: sempre mutevole. Anche nell’arte, entrambi erano rivestiti di una forma. In mezzo a tutto il relativo si forma lentamente un’altra relatività, in cui trova espressione anche l’assoluto. Oggi la ricerca degli estremi è stata abolita: diventa quindi possibile l’equivalenza fra il relativo e l’assoluto. L’arte più libera di tutte, la pittura, ha potuto essere la più coerente. Chi, prima della guerra a Parigi, ha conosciuto il possente movimento innovatore della pittura e della scultura deve adirarsi doppiamente – se è sensibile al nuovo – per la bonaccia e per il regresso attuali. Lo sappiamo bene: all’azione segue la reazione e vediamo ora che la prima è stata resa impossibile da circostanze esterne e materiali. Queste fanno sì che ora sia quasi impossibile lavorare in modo nuovo. Il crollo finanziario e morale che dopo la guerra si è avuto in tutti i paesi ne è stato la prima causa. La confusione fra la nuova arte e le riforme sociali, manchevoli e mal riuscite, hanno suscitato disorientamento di fronte ad esso. La mancanza di beni materiali sfrenato desiderio di essi. Contro questa stasi e questo regresso apparenti e temporanei non eleviamo alcuna protesta. Protestiamo invece contro il perfido atteggiamento dei precursori del nuovo. Protestiamo contro il fatto che molti di essi abbiano messo sullo stesso piano il vecchio e il nuovo. Indubbiamente, la causa principale di tutto ciò sta nella costrizione materiale, nel fatto di dovere tener conto di coloro che hanno la facoltà di acquistare opere d’arte.
La possibilità di guadagnar denaro fuori della sua attività non è molto grande per l’artista. Se, quindi, coloro che comprano opere d’arte vogliono arte naturalistica, l’artista può farla, per mezzo delle sue capacità tecniche, tenendo quest’attività distinta dalla sua arte. Se attualmente gli artisti rinnegano la nuova idea, i critici d’arte e i mercanti fanno ancora di più. Essi sono più direttamente soggetti all’influenza del pubblico. Dicono apertamente che l’arte astratta è servita soltanto a porre su un piano più alto l’arte naturalistica, che il nuovo, quindi, è stato un mezzo, non un fine. Ci troviamo quindi di fronte a un’aperta negazione dell’essenza del nuovo, che è concepito come una semplice sostituzione e abolizione del vecchio. Essi girano col vento e seguono il grosso pubblico. La cosa è ben comprensibile ma per il momento è catastrofica per il nuovo, perché la sua essenza viene nascosta furtivamente. L’arte astratta può soltanto evolversi nel corso di uno sviluppo coerente. E la coerente prosecuzione di quest’espressione artistica non può essere altro che la sua realizzazione nel nostro ambiente tangibile. Siamo giunti infatti all’epoca in cui, essendo mutate le richieste della vita, il quadro è destinato ad andare perduto in essa. Gli spiriti più avanzati, come pure quelli ritardatari, sono costretti a servirsi delle medesime parole. Se adottiamo parole nuove, ci sarà ancora più difficile, o addirittura impossibile, farci capire. Ciò ha dato luogo a malintesi e ne causerà ancora. Parlando dell’astratto, il neoplasticismo non intende l’indefinito, il vago, ma al contrario il più determinato, il più reale. Parlando di un rapporto equilibrato, il neoplasticismo non intende la simmetria, bensì un contrasto permanente.
La concezione tradizionale delle parole è radicata a tal punto che alcuni errori si sono prodotti nel neoplasticismo stesso. Per esempio, si è cercato di ottenere il rapporto equilibrato suddividendo la tela in piani rettangolari che le fossero proporzionali. Se noi intendiamo il vocabolo individuale nel senso della parola personale, potremmo dunque dire con Marinetti: "Scatenatevi ovunque ed esasperate l’originalità individuale. Considerare la vita come evoluzione e non come finalità: ecco la soluzione vera e per la vita e per l’arte. Esiste un parallelismo anche fra l’arte e il gioco. Entrambi devono diventare sempre più interiorizzati man mano che l’uomo cresce. Per il bambino il gioco non è un gioco: esso è la sua occupazione seria e il suo vero mezzo d’espressione. Nel gioco egli esprime il suo senso del bello e in esso realizza la sua vita. Quando l’uomo si approssima alla maturità, il gioco tende a sparire. In parte essi è sostituito da altri giochi; in parte è abbandonato. Il bel gioco diventa sempre più una realtà".
Poi, a poco a poco, la bellezza comincia a sparire perché la vita materiale è incompleta e distorta. Così, nel nostro tempo, l’arte è sempre più sopraffatta dalle grandi esigenze della vita. Ma senza la bellezza la vita diventa arida. Come il gioco, l’arte deve continuare.
Giovanni Cardone
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Ultimo aggiornamento: 13/10/2022, 14:41