CopertinaContributi e SegnalazioniL’arte dei capitelli dipinti: tradizione e cultura delle edicole votive dipinte a Vicenza
6 Ottobre 2024 Redazione A&S 190
La civiltà delle ville venete costituisce un capitolo di straordinaria importanza per comprendere pienamente lo sviluppo architettonico ed urbanistico che si ebbe a Vicenza e nelle altre province venete durante il periodo di massimo splendore della Serenissima: nella fattispecie mi riferisco allo sviluppo edilizio che si originò a partire dal XIII secolo fino al culmine durante il Rinascimento con la figura di Andrea Palladio (1508-1580). Le ville costituiscono un unicum nell’ambito dello sviluppo economico in terra veneta poiché esse assolvevano sia alla funzione abitativa che produttiva. Le ville , in particolar modo quelle il cui modello verrà perfezionato dal Palladio nel corso del Cinquecento, sono delle vere e proprie unità produttive, una sorta di aziende agricole dotate di più spazi ognuno con la sua funzione specifica: barchesse, scuderie, stalle, magazzini ad uso agricolo e commerciale. L’abitare in villa era una prerogativa soprattutto dei patrizi della Repubblica di Venezia, i quali consideravano le loro residenze suburbane non soltanto come un esclusivo luogo di svago e di delizie ma principalmente delle unità produttive, come già ribadito in precedenza, caratterizzate da un fortissimo rapporto con il territorio circostante.
Con Andrea Palladio, nel corso del Cinquecento , la tipologia della villa suburbana o di campagna raggiungerà l’apice dal punto di vista architettonico ed urbanistico, diventando essa stessa il fulcro di numerosi centri abitati disseminati nella campagna veneta e friulana. Il passaggio graduale dalla fisionomia architettonica di villa utilizzata per finalità produttive ad un valore più prettamente celebrativo della casata nobiliare, che finanziava la costruzione dell’edificio, si avrà soprattutto con Vincenzo Scamozzi (1548-1616), altro grande protagonista del rinnovamento urbanistico in Veneto allo scadere della straordinaria stagione del Rinascimento. Dopo questo breve preambolo sul valore intrinseco delle ville venete, vi parlo di un edificio poco conosciuto ma non meno affascinante: Villa Conti Bassanese a Monticello Conte Otto (Vicenza). Trattasi di un complesso architettonico costruito a partire dal XV secolo e molto rimaneggiato nel corso dei secoli. Attualmente proprietà privata e non visitabile purtroppo (parte del complesso è adibito a relais ed agriturismo), esso è difficilmente leggibile sulla strada che da Monticello conduce a Vicenza. All’esterno ci sono degli edifici pertinenti al complesso, in parte restaurati: in una leggera curva di Strada Saviabona si affacciano due edifici tangenti tra di loro da formare un angolo; più a sinistra un edificio bianco con tetto a spioventi e a destra una specie di rustico che parrebbe la barchessa della villa. In modo particolare il secondo edificio appartiene alla fase costruttiva quattrocentesca in quanto si apre un grande portale ad arco a tutto sesto che reca ancora tracce di una decorazione scultorea in pietra tenera di Vicenza in stile proto-rinascimentale con motivi classicheggianti e vegetali (figg. 1-2).
Sia l’estradosso dell’arco che i capitelli recano ancora tracce di una finissima decorazione ad ovuli, dentelli ed elementi vegetali. Un documento importantissimo per comprendere l’assimilazione di motivi rinascimentali di importazione toscana prima dell’arrivo in città di Lorenzo da Bologna (seconda metà del XV sec.). Le decorazioni dei capitelli non mostrano stilemi tardogotici per cui si potrà ascriverne la realizzazione a partire dalla seconda metà del ‘400. All’esterno dell’edificio bianco campeggia invece una bella edicola votiva, in dialetto veneto “capitello”, con un bel dipinto raffigurante una Madonna col Bambino (figg. 3-4). Trattasi di una copia di un famoso dipinto di Giovanni Bellini (1430-1616), patriarca della pittura veneta del Rinascimento . Il dipinto, pur essendo una copia, è di grande valore ma imprecisata risulta la sua esecuzione, sicuramente molto più tardi dell’originale belliniano. La Madonna degli alberetti (fig. 5) del Bellini, datata al 1497, è un’opera più elaborata e presenta un bel paesaggio sullo sfondo: la copia di Villa Conti ha un valore prettamente devozionale e a parere dello scrivente potrebbe trattarsi di una tempera su tavola e non di un affresco.
I colori purtroppo sono sbiaditi ma il disegno è ancora vivido e incisivo. Il dipinto è ovviamente inedito ed è sfuggito alla critica; ripeto, è una copia ma molto intenso appare il rapporto madre-figlio; Gesù è nudo prefigurando la sua futura passione attraverso la sua natura umana nella reale sofferenza all’atto del martirio. Intenso è ,inoltre, lo sguardo della Vergine che appare distaccata. Il dipinto è collocato entro un’edicola votiva all’interno di un arco retto da due pilastri (capitello): i capitelli votivi sono piccole architetture a guisa di edicole che fungevano da ex voto per uno scampato pericolo, come una carestia o una pestilenza ,o come strumento di aggregazione della comunità cristiana, che presso di essa si univa in preghiera. Splendida è l’edicoletta che contiene la Madonna col Bambino di Francesco Verla, pittore vicentino del Rinascimento che ha lavorato sia in provincia di Vicenza che a Trento, essendo stato allievo addirittura del grande Perugino. Nell’affresco di Palazzo del Bene a Rovereto, Verla introduce l’iconografia della Madonna velata, la quale stabilisce un rapporto molto profondo con il riguardante. L’affresco è stato eseguito nel 1514 (fig. 6).
Francesco Caracciolo
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Ultimo aggiornamento: 06/10/2024, 08:16