“Global Chicken”: focus sulla recente ricerca artistica di Chiara Rojo

5 Agosto 2023 Redazione A&S 726

NELLA FOTO: FOCUS SULLA RICERCA ARTISTICA DI CHIARA ROJO.

Nata verso la metà degli anni Sessanta a Napoli, l’artista Chiara Rojo, dopo aver terminato il Liceo Artistico frequenta con profitto la sezione Scultura dell’Accademia delle Belle Arti di Napoli, dove qui diventa allieva del maestro Augusto Perez, scultore di origine messinese di indiscusso talento artistico. Inizia la sua carriera espositiva verso i primi anni Ottanta, riscuotendo consensi sia per la sua produzione scultorea e sia per la sua produzione pittorica. Conosciamo meglio Chiara Rojo con questa breve ma esaustiva intervista testuale.


INTERVISTA A CHIARA ROJO
a cura di Maurizio Vitiello / sociologo e critico d’arte


Ci potrebbe parlare della sua recente ricerca artistica?

Sì, si chiama “Mi piace pensare: Global Chicken” ed è una ricerca nata intorno agli anni Novanta sul tema della Globalizzazione, un problema gravoso della nostra epoca.

In cosa consiste questa ricerca?

Diciamo che ho elaborato una interpretazione tutta personale, squisitamente simbolica e concettuale, sugli effetti della disumanizzazione e del disorientamento prodotto dalla Globalizzazione.

Ci può fare un esempio?

L’esempio che prendo in considerazione è quello del “pollame”, la cui commercializzazione raggiunge cifre esorbitanti. Esso rappresenta la semplificazione emblematica di una produzione “senza anima” che fornisce merci senza porsi domanda alcuna sulla macroscopica operazione che trasforma un essere vivente in un pezzo di materia organica incellofanato e posto in una vaschetta di polistirolo. Paradossalmente, i bambini che non hanno mai visto una gallina, non hanno il minimo concetto dell’animale da cui questi pezzi di carne provengono.

Un estraniamento che separa l’uomo dal suo stesso prodotto?

Purtroppo, per noi consumatori da ipermercato, il cibo è ormai una cosa astratta, slegata dall’essere vivente da cui deriva. Non è così per i contadini di Yaoundé, la capitale del Camerun, la più grande esportatrice di pollo al mondo, che accusa la Globalizzazione di averli fatti diventare la pattumiera del mondo per l’enorme accumulo di scarti di pollame che devono gestire. E così, ogni pollo acquisisce una dimensione globale...

In che modo la acquisisce?

Dalla città di Yaoundé, le zampe finiscono in Thailandia, le viscere nell’ex Unione Sovietica, le ali in Cina, la cresta in Vietnam, il petto negli Stati Uniti d’America e nell’Unione Europea, le cosce in Africa, Messico e Giappone... Una macchina di consumi e scarti così potente da superare quasi indenne il terrore dell’influenza Aviaria che continua a mietere vittime e a mutare in virus nuovi e sconosciuti. La superficialità, l’oblio e l’ignoranza sono presupposto e causa della globalizzazione del pollo.

In questo contesto, dunque, quale è l’obiettivo che si pone la sua ricerca?

Quello che mi auguro è che questa mia ricerca artistica possa contribuire al recupero ed alla crescita di una coscienza ecologica e civica che possa svolgere una azione contrastiva nei confronti delle sconcertanti conseguenze della Globalizzazione. La mia recente produzione artistica – consistente in teche contenenti ossa particolarmente trattate – vuole essere una denuncia ma, al contempo, un modo per tributare nobiltà a quei miliardi di “ossi di pollo” che saranno “testimoni del nostro tempo”.

Maurizio Vitiello

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Ultimo aggiornamento: 05/08/2023, 22:20