CopertinaContributi e SegnalazioniEcce Beuys, l’opera-provocazione di Giorgio Fabbris sul centenario della nascita di Joseph Beuys (articolo + foto)
13 Maggio 2021 Redazione A&S 6137
A noi di Arte & Società piace infatti dare voce anche a chi va controcorrente, come nel caso dell’artista post-dadaista Giorgio Fabbris – nato a Boara Pisani (Padova) nel 1946 – che in occasione del centenario della nascita di Joseph Beuys ha realizzato un provocatorio progetto-installazione dal titolo Ecce Beuys, che rifà il verso al più noto Ecce Bombo di Moretti.
L’installazione, dalle chiare influenze duchampiane, è costituita da un triciclo in ferro di colore nero (cm. 90 x 110 x 240) realizzata da Diego Dal Bosco, sul quale è stato caricato – a mo’ di rigattiere – una lapide commemorativa in marmo di Carrara (cm. 90 x 65 x 3) con sopra incise a caratteri cubitali le ragioni per le quali – secondo l’artista Giorgio Fabbris – “Joseph Beuys è sopravvalutato”. Anche questa frase – incisa su marmo come conclusione – è un riferimento-omaggio all’opera “Das Schweigen Marcel Duchamps wird überwertet” (Il silenzio di Marcel Duchamp è sopravvalutato), realizzata da Beuys nel 1964 e custodita presso il Museum Schloss Moyland di Bedburg-Hau in Germania.
Per approfondire meglio l’argomento, raggiungiamo telefonicamente l'artista Giorgio Fabbris che ci spiega: «Il contenuto della lapide dice in modo essenziale, robusto e conciso cose che non sono il frutto di un mio estemporaneo guizzo controcorrente, ma il risultato dello studio di biografie e documenti che attestano sostanzialmente la scaltra ambiguità nella vita e nell'arte di Beuys.»
Durante la realizzazione di questo interessante progetto artistico è stata infatti consultata una corposa bibliografia, a cura di Katy Knoll, commentata da Fabbris in questo modo: «Sono stato turbato quando ho consultato immagini e documenti che dimostrano il trasformismo di Beuys: “rivoluzionario” fra studenti, nostalgico a cena con camerati ex-piloti di Stuka. Ripeto, l'Arte e la Storia dell'Arte sono sempre in movimento, sono un laboratorio in divenire e possono riservarci piacevoli o spiacevoli sorprese. Per esempio apprendo da un saggio di Benjamin H.D. Buchloh che Beuys non apprezzava un gran numero di importanti artisti moderni e, guarda un po', le opere di questi artisti, durante il nazismo, furono mostrate quale esempio di “arte degenerata”. Un caso? O un esempio di catechismo nazista?»
Ma se è di dominio pubblico il fatto che, durante il Terzo Reich, Beuys fu attivo nella Gioventù hitleriana e nel 1940 – a soli diciannove anni – si arruolò volontario nella aviazione militare tedesca, lo è forse molto meno quello che – come ci fa notare argutamente Fabbris – Beuys si fabbricò una accattivante “automitologia”, millantando contatti catartici con Nomadi Tartari che – in seguito allo schianto del suo aereo bombardiere Stuka – gli avrebbero salvato la vita con materiali salvifici a base di grasso e feltro. Questo avvenimento è ritenuto determinante da Beuys per il suo percorso artistico basato sull'armonia tra Uomo e Natura. Da qui nasce la reputazione di “sciamano” che molti critici d'arte gli hanno attribuito in seguito.
Le fonti storiche però smentiscono questa affermazione e dimostrano invece che Beuys fu in realtà ricoverato in un ospedale militare tedesco che lo rimise in piedi per combattere successivamente sul Fronte occidentale fino a quando non fu fatto prigioniero dagli Alleati nel 1945. Su questo punto, infatti, Fabbris è categorico: «Tutte bugie quelle sui Tartari e dintorni, lo documenta Hans Peter Riegel nei suoi volumi relativi alla biografia di Joseph Beuys, mai tradotti in Italia.»
Durante l'interessante conversazione telefonica, Fabbris continua a smuovere numerosi interrogativi decisamente scomodi: «E cosa dire delle famose “7000 querce” a Kassel? A me basta ricordare che la quercia durante il nazismo diventò “la quercia di Hitler” e che migliaia di questi alberi sono stati piantati in onore del Führer nelle città e nei paesi della Germania. E non solo, le querce venivano anche piantate nelle città occupate dai nazisti. Inoltre, piccole querce venivano donate ai vincitori delle Olimpiadi del 1936. La corona di foglie di quercia veniva donata ai meritevoli aviatori della Luftwaffe. Come non pensare quindi che l'ex soldato Beuys, durante l'azione delle 7000 querce, non considerasse che tale albero, simbolo di regime, non potesse ricordare certe metodiche ecologico-patriottiche del Terzo Reich?»
Joseph Beuys aveva ragione quando affermò che «l’artista è l’unico soggetto sociale che può mentire e mantenere la sua dignità», forse perché egli stesso fu il primo a metterlo in pratica. Gli interrogativi di Fabbris, dunque, sono del tutto leciti, perché «l'arte esige rispetto ma anche una costante 'remise en question' per evitare la banalizzazione e la paralisi del giudizio. Spero tanto che le varie commemorazioni per il centenario della nascita di Joseph Beuys non si trasformino in una sua canonizzazione.»
L'installazione di Fabbris sarà ospitata per tutto il 2021 in una vecchia filanda di inizio Novecento, oggi adibita a Studio artistico dello scultore Arcangelo Sassolino sito a Trissino (Vicenza), ed è visitabile solo su appuntamento tramite posta elettronica: fabbrisknoll@gmail.com. L’artista Giorgio Fabbris è sicuramente... une affaire à suivre!
Ivan Guidone
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Ultimo aggiornamento: 16/10/2022, 08:36