CopertinaLibri e Scrittori“Di quel che poi forse di noi rimane”, raccolta poetica di Andrea Petrai (articolo + foto)
1 Ottobre 2024 Redazione A&S 452
Edito dalla casa editrice Supernova Edizioni, il libro di Andrea Petrai è una raccolta di liriche maturate negli anni che si ispirano ai quattro elementi naturali (l'acqua, la terra, il fuoco e l'aria) ed ai concetti di mito, permanere e divenire. La copertina della raccolta poetica di Petrai è stata realizzata dal valido artista rothkiano Gaetano Fiore. Silvia Gasperini, autrice della postfazione, così riassume la raccolta poetica: «Dove la terra incontra il mare inquietudine d'infinito increspa le acque. Vento caldo che profuma d'oriente accarezza i pensieri, li disperde, mentre l'occhio del sole emana bagliori accecanti. Qui è la perfezione che traduce il concetto in plastica immagine: lo spirito si unisce alla materia per accogliere il divino.»
Il libro è stato presentato lo scorso 12 Agosto 2024 al Chiostro dell'Abbazia di Sant'Antimo a Piombino, con la presenza, oltre dell’autore Andrea Petrai, anche della curatrice Silvia Gasperini, dell’attore Fabio Carraresi, dell’artista Gaetano Fiore e dell’editore Giovanni Distefano, con gli intermezzi al pianoforte di Marco Fiore. La presentazione del libro ha fatto parte della serie di eventi estivi organizzati da Marco Del Francia (BACo) e Noemi Gasperini.
Il titolo è un endecasillabo, verso della tradizione poetica italiana. Proprio questa scelta ci introduce in un mondo poetico in cui la libertà declina in modi originali e inediti tutto quello che gli studi classici, l’esperienza, la vita, gli incontri e i congedi hanno sedimentato nel tempo. Da qui nasce, a un certo punto, l’impulso di dare forma al caos, di modellare la materia indistinta, di foggiarla in plastiche immagini nell’incessante trasmutare di ogni aspetto e nel continuo cambiamento a cui ogni essere è inevitabilmente soggetto. Proprio a questo bisogno risponde la poesia: fissare, forse illusoriamente, in qualche fotogramma la vita simile a una pellicola impaziente che, srotolandosi, si avvia alla fine di sé col serpeggiante sfrigolio che la consuma e persino l’incendia (Prologo). Le poesie, come l’esistenza, sono tessere di un mosaico incompleto, francobolli di lettere mai spedite, nella vertigine del volo non spiccato. Quale ordine provvisorio possiamo introdurre nel caos palpitante delle emozioni, nell’urgenza di dire l’indicibile e di lasciare un’orma del nostro passaggio? Leggendo le poesie di Andrea Petrai possiamo tracciare idealmente un cerchio, figura geometrica perfetta in cui inizio e fine si toccano per coincidere. E in questo avvio troviamo le forze incorrotte e primigenie a cui gli antichi filosofi presocratici riconducevano il principio dell’universo e di tutte le cose: acqua, terra, fuoco, aria con la loro pura energia sono anche la forza sotterranea di molte poesie perché tutto viene dalla terra e a essa ritorna. Attraverso gli elementi della natura, vera protagonista di questo libro, è possibile indagare le leggi del divenire e del permanere come titolano due delle sezioni della raccolta, ma soprattutto mettere in relazione l’uno con il molteplice, il sé con il tutto, in una fusione panica in cui è possibile scorgere in filigrana le atmosfere dannunziane dell’Alcyone, in particolare di Meriggio. I versi di Andrea Petrai dialogano alacremente con le immagini di Gaetano Fiore, a partire dalla suggestiva riproduzione di Cipressi nella nebbia in copertina e anche con i suoi disegni che introducono ciascuna sezione del volume. Mythos e logos si fondono qui in quello che definirei pensiero mitico. Il mito fissa la rappresentazione del mondo in forme o archetipi a cui ancora oggi attingiamo per esprimere poeticamente la realtà: ninfe, dèi, forze animate che popolano la natura di mistero. Il logos è il pensiero razionale che riconduce ogni fenomeno a una spiegazione plausibile. Nelle poesie di Andrea Petrai mythos e logos sono alla base dell’ispirazione poetica: il mythos è il piano immaginifico in cui ogni elemento della natura sembra prendere vita (le palline di posidonie sono satelliti orbitanti che il mare si ripiglia come prodighe figlie, creature marine che popolano le acque, Erinni travolte da un turbine di vento; un geco diventa organismo misterioso e arcano che cerca, nel barlume di un lampione, fiochi riflessi lunari; le nuvole entità multiformi e cangianti che tutto sanno ma che, come la luna leopardiana, appaiono restie a rispondere ai quesiti di noi mortali). Poi interviene il logos, cioè la ricerca e l’interpretazione di un senso sospeso che coinvolge l’io lirico in balia delle umorali leggi del divenire coi suoi interrogativi destinati a rimanere purtroppo senza alcuna risposta. Richiamare l’immagine del cerchio significa cogliere un principio fondamentale: l’uno si squaderna nel molteplice e il molteplice si ricompone nell’unità attraverso un vincolo d’amore grazie al quale la tensione dei contrasti sembra placarsi in quella superiore armonia in cui gli opposti si ricongiungono, si completano e possono introdurci sulle soglie di nuova consapevolezza. Rimane ancora un aspetto su cui vale la pena di soffermarsi: il significato del numero 55. Cinque, cinquantacinque, fünfundfünfzig, cinque le dita di una mano, delle stelle le punte, le terre e le lire... 55 e invisibili di Italo Calvino le città. Numero che struttura le 9 sezioni della raccolta: la prima e l’ultima di 10 componimenti, le altre di 5 proprio come sono organizzate le descrizioni delle città invisibili di Calvino a cui idealmente ci siamo ispirati nella suddivisione delle poesie. Qui interviene l’idea delle diverse innumerevoli traiettorie che è possibile seguire per comporre idealmente la lettura ma anche il mosaico non completato di una vita. Il percorso non è obbligatoriamente quello che segue la successione delle pagine ma può rispondere a criteri diversi, ricomporsi e combinarsi sulla base di deviazioni, arresti, ripensamenti, indugi del pensiero e del cuore. E sempre a Calvino ci riconduce la leggerezza intesa non come superficialità ma come capacità di rivolgere uno sguardo giocoso, lieve, ironico e insieme fanciullesco sulle cose. L’ironia è in definitiva il non prendersi troppo sul serio, il non calarsi troppo rigidamente in una parte ma rimanere aperti alle continue trasformazioni che ci rendono vivi. E l’ironia scaturisce anche dalle parole e dal loro sapiente, originale impasto: sostenutezza classica e registro colloquiale, parole desuete, rare, preziose e inventario di oggetti comuni che intessono una poetica del quotidiano, a un tempo, si sfidano e si incrociano felicemente nel contrarsi e nel tendersi dei versi, sistole e diastole che scandiscono il ritmo della poesia e della nostra esistenza.
Nato a Piombino (LI) il 2 Maggio 1964, Andrea Petrai è docente di lingua e cultura tedesca. Dopo la maturità classica ha proseguito gli studi alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Pisa dove si è laureato con lode in Lingue e Letterature straniere moderne, perfezionandosi alla Humboldt Universität di Berlino. Nel 1984 ha pubblicato la raccolta di poesie Atmos per Albatros Editrice di Roma. L'incontro a fine anni Novanta con il pittore Gaetano Fiore lo motiva a scrivere numerosi testi, talora in versi, ispirati alle opere dell'artista. Grazie a un innato eclettismo, Andrea Petrai sperimenta molteplici linguaggi espressivi. Si dedica al teatro in veste di attore e cura l'introduzione a readings letterari. Approfondisce poi la sua personale ricerca estetica nell'assemblaggio di materiali di provenienza diversa che, reinterpretati, danno origine a creazioni scultoree di nuova potenza evocativa. Tra il Dicembre del 2023 e il Marzo del 2024 ha partecipato alla mostra Dialoghi presso la Pinacoteca di Follonica (GR) esponendo Keeping busy, esemplare del 2021 della cosiddetta Secessione plastica, ideale corrente che, in chiave ecologista, mira ad armonizzare liricamente memorie sommerse e ondeggianti sogni futuri. La parola, nella duplice forma scritta e orale, è in definitiva l'amalgama di una sensibilità che segue traiettorie divergenti eppur tutte riconducibili a una stessa matrice: il bisogno interiore di trovare o almeno scorgere un senso nell'imprevedibile corso delle nostre vite.
Ivan Guidone
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Ultimo aggiornamento: 05/10/2024, 18:08