CopertinaContributi e SegnalazioniChiesa di Santa Maria della Croce a Roio: cronaca di un restauro
13 Maggio 2020 Redazione A&S 2459
Vi riportiamo in anteprima il report dell'intervento di restauro alla Chiesa di Santa Maria della Croce a Roio (AQ), eseguito e raccontato dalla restauratrice Cinzia Giorgi. L'intervento di restauro allo storico sito mariano è iniziato nel 2014 e terminato nel 2017. Ringraziamo il sociologo e critico d'arte Maurizio Vitiello per la segnalazione.
Nella frazione di Roio (L'Aquila), precisamente in piazza del Santuario, si trova la chiesa di Santa Maria della Croce, meglio conosciuta come Santuario della Madonna di Roio, nota perché al suo interno è custodita la statua della Madonna di Roio. La statua, secondo la leggenda, fu trovata da Felice Calcagno un pastore originario di Lucoli, nel dicembre del 1578, in un bosco detto "Ruo" in locazione di Tressanti in Provincia di Foggia, durante il periodo della transumanza. La statua fu condotta e sistemata dal pastore in una cappella presente a Roio già nel 1200. Tale cappella divenne meta di continui pellegrinaggi ed essendo troppo angusta fu ampliata nel 1625 e denominata “Madonna della Croce”.
La chiesa attuale, un edificio a pianta centrale, presenta al suo interno un prezioso apparato decorativo in marmi policromi, stucchi e dipinti murari. Preziosi e di alto livello qualitativo sono gli affreschi eseguiti, nella zona presbiteriale, dal pittore Giacomo Farelli.
Le prime notizie di questa chiesa sono contenute nei registri contabili della Madonna dal 1638 al 1800, conservati nell’Archivio di Stato dell’Aquila. Tra le prime informazioni troviamo la pittura della balaustra per la quale furono spesi nel 1643 oltre 200 ducati. Tale balaustra fu sostituita nel 1653 da un’altra balaustra in marmo lavorata dal marmista aquilano Giacomo Lambruzzo. A lui si devono anche il pavimento, l’altare maggiore con la nicchia della Madonna, i portali, i rivestimenti in marmo delle pareti centrali e l’attuale fonte battesimale. La facciata della chiesa che fino al 1663 era rimasta grezza, venne abbellita con una cornice in pietra lavorata da scalpellini locali e sistemata da muratori lombardi, insieme alla croce in pietra fissata in alto.
Nel 1667 furono fatte istoriare dal pittore Giacomo Farelli le pareti e la volta del presbiterio in ricordo delle origini del Santuario. Nel 1663 i procuratori della Masseria, Innocenzo Ciancia e Giacomo Pietrangelo decisero di erigere la torre campanaria di questa chiesa. L’opera fu portata a termine nel 1669.
È documentato come l’apparato decorativo, gli arredi, gli stucchi, le indorature, gli altari laterali, a completamento di quello Seicentesco del Lambruzzo-Farelli, appartenga esclusivamente alla fase Settecentesca. Nel 1701 Giuseppe Mariani fece il lavoro d’indoratura degli archi, insieme a Loreto Ferradini. Nel 1750 vengono ripresi e conclusi i lavori di stuccatura ed indoratura da Pietro Del Grande che riguardarono gran parte della chiesa.
Il sisma del 6 Aprile del 2009 danneggiò notevolmente questo prezioso santuario mariano, provocando crolli di alcune porzioni delle volte e degli stucchi, distacchi d’intonaco e delle superfici pittoriche, in più cospicui danni strutturali.
L’apparato decorativo, oltre ai danni provocati dal sisma, presentava sovrapposizioni di strati pittorici di colori diversi, applicati sulle superfici in un periodo più recente, questi scialbi alteravano l’equilibrio e l’armonia delle cromie originali. Gli stucchi cinquecenteschi erano ricoperti da spessi strati di scialbo grigio mentre porzioni d’intonaci erano dipinti di color rosa salmone.
L’intervento di restauro promosso alla Soprintendenza dell’Aquila e finanziato dalla Regione Liguria (Responsabile unico del procedimento, il Direttore Regionale Liguria Arch. Maurizio Galletti) è stato per gli apparati decorativi sapientemente diretto e coadiuvato dalla dott.ssa Biancamaria Colassacco (Soprintendenza ABAP L’Aquila) ed eseguito dalla sottoscritta (NdR: Cinzia Giorgi), nel ruolo di restauratrice responsabile della ditta addetta agli interventi tecnici-conservativi.
L’intervento conservativo ha previsto in principio il consolidamento degli apparati decorativi e delle strutture portanti, attraverso complesse e molteplici operazioni. Solo al termine di questi interventi è stato possibile ricollocare le porzioni distaccate e rintegrare le mancanze e le lacune, impiegando materiali compatibili e affini a quelli originali.
La rimozione delle sovrapposizioni pittoriche, gli scialbi, un lavoro lungo e minuzioso, eseguito tramite impacchi su gli stucchi, le porzioni d’intonaco e i fondi delle pitture, ha riportato in luce le antiche cromie. In corrispondenza degli stucchi sono state rinvenute porzioni di dorature originali, eseguite tramite foglia d’oro con preparazione a bolo. L’integrazione pittorica finale, eseguita ad acquerello, ha donato unità e armonia alle diverse superfici, permettendogli di dialogare reciprocamente.
L’intervento conservativo oltre a curare con sensibilità le superfici ha sapientemente eseguito il consolidamento e le stuccature, conferendo ai partiti orizzontali maggiore staticità e aderenza all’apparato murario. Le operazioni di restauro sono state realizzate in sinergia con il consolidamento delle strutture portanti tenendo sempre presente, in ogni fase operativa, la necessità di assicurare alle opere aderenza alle pareti di supporto affinché in caso di future scosse sismiche i danni possano essere contenuti.
Cinzia Giorgi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Ultimo aggiornamento: 13/05/2020, 21:34