CopertinaEnrica Capone / BiografiaEnrica Capone / Critica
4 Novembre 2024 Redazione A&S 29
“Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua mente è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa ed il suo cuore è un artista”. Per le sue opere, Enrica Capone utilizza l’ordito con filo oro, lamine di piombo, polveri di vetro, stucchi, sabbie e pigmenti. Materiali che si stagliano sulla iuta in rilievo, con ritmica scansione in armonico equilibrio. La figurazione appare inserita in una dimensione ovattata, quasi impalpabile, acquistando una connotazione dolorosa, addirittura drammatica. L’artista sembra quasi proporre una simbologia estetica collocata in una poetica intimista che raggiunge risultati di notevole interesse per la qualità stilistica e formale delle sue composizioni.
Le figure di Enrica Capone vivono e crescono nel bianco di un’antimateria dal silenzio assordante, si voltano come poco interessate a partecipare alla nostra quotidiana malattia del vivere. Né romantiche né nostalgiche, queste figure voltano le spalle per lasciar scorgere tra le pieghe di quella anatomia la tensione addomesticata di una joie de vivre reale, anche a costo di dimenticare i drammi e le tempeste personali. In ogni quadro non c’è preoccupazione, assillo stilistico del dover distendere in qualche modo l’ordine prospettico. Tutto si dà alla superficie con estrema naturalezza, come se l’artista possedesse quel dono raro e magico che solo alcuni veri pittori riescono ad avere di riuscire a far affiorare i propri fantasmi interiori facendoli uscire dal silenzio.
Il mistero di Penelope è il mistero stesso dell’Essere che significa tutto e nulla e può sopravvivere solo se non gli chiedono spiegazioni. È il luogo della non vita che genera vita, lo spazio di una attesa che è condizione, la dimensione di una ricerca che è già meta. Ogni volta che Penelope è stanca di vivere con la faccia immersa nella realtà, nella alternanza di attese soddisfatte ed altre miseramente deluse, nella lotta per la conquista di essere una donna che non deve più lottare per questo, si affaccia a rimirare il suo orizzonte segreto dal quale sa che non vedrà spuntare mai nessuna nave e, nell’azzeramento dei contrasti, finalmente si riposa.
Di terra, di fuoco, di acqua e di aria, tuta l’opera di Enrica Capone sembra ispirarsi ai quattro elementi dominanti della natura e ai processi alchemici e di trasformazione che da essi scaturiscono. Le sue opere sono collegate ai momenti ancestrali dell’universo, in cui tutto si muove con veemente energia conquistando nuove forme e nuovi spazi. Il bianco, il giallo ocra e tutti i colori caldi delle terre, cuciti assieme da trame della memoria, conquistano volumi inaspettati e si dilatano grazie al gesto materico che Enrica Capone è in grado di infliggere sulla tela, producendo un’immagine vocata all’infinito e che si irradia sapientemente oltre lo spazio serrato del supporto artistico. A guardare bene, come in uno specchio, ci si trova immersi in orizzonti non troppo lontani dalla nostra quotidianità: è un tramonto, è il mare, è il cielo calmo d’estate, è il profondo di noi stessi.
Che sia scultura, o pittura o collage non importa. È importante solo che sia materia. Una materia forte, carnosa, come è carnosa la terra, o la pelle arsa dal sole. Ma quella pelle può anche essere illuminata dalla luna, tramutarsi alchemicamente in acqua argentea, o in mercurio comune, e talvolta ha bisogno di partire dalla materia vile del piombo per poter operare la trasmutazione. E l'opera si organizza in strati geologicamente sovrapposti, per lasciar luogo a formazioni scistiche, che la mano d'artista, sostituendosi al tempo, disegna come lui tempo disegna l'età della terra, siglando il suo inesorabile passaggio; e lascia spazio soltanto ad una coerenza che tutto lega ad una appagante struttura che tutto collega, apparendo casuale solo a chi non conosce quanto la creazione sia frutto di costanti tentativi e quanto tempo deve impiegare il caso a provocare la bellezza.
Il percorso artistico di Enrica Capone si è sempre snodato attraverso una costante ricerca di linguaggi espressivi che, partendo da una solida base figurativa, si sono evoluti nel tempo in una astrazione fatta di rimandi a un mondo fantastico di concezione quasi neoplatonica. Anche i materiali delle sue opere si sono via via arricchiti di insoliti connubi tra mezzi pittorici tradizionali e sostanze usualmente adoperate per altri scopi quali piombo fuso lamine metalliche e altri materiali.
Enrica Capone, artista, architetto, nata a Salerno e residente a Roma è una scoperta felice che ci mostra un’artista piena di risorse e di propositi, sempre in evoluzione come il suo percorso artistico. Irrefrenabile, calorosa, completa, piena di echi e riflessi nella vita e nel lavoro. Una ventata di novità e di passione per l’Arte. Nuove idee, progetti creativi e tanta filosofia da poter rendere bella e comprensibile a tutti con un solo gesto del braccio. Trasmettere con le figure è stato sicuramente il primo passo dell’uomo verso lo scambio e la comprensione con gli altri e oggi, nonostante una evoluzione inimmaginabile dei contatti umani, per parlare in modo completo dei nostri pensieri più profondi torniamo a renderli semplicemente “segni e colori”. Una scoperta che da tempo gli artisti, veri cronisti della vita del mondo, cavalcano con successo senza perdite di tempo, senza lati oscuri, senza inflessioni, senza falsità, senza reticenze. Maestra di tutto ciò, Enrica Capone spinge verso l’elaborazione dei materiali più inaspettati, trattati e utilizzati su tele di iuta robusta e disponibile. Enrica conosce bene le sue capacità e le sue riflessioni. La corrispondenza con le opere quindi è totale così che per noi è stato facile entrare nel suo mondo che comprende e traduce in espressioni visive e tattili tutti gli elementi materici di cui è composta la nostra terra e che troviamo, in qualche modo e comunque, nelle sue conversazioni pittoriche dall’impatto emotivo indimenticabile.
Fai in modo che davvero ci si rende conto che la materia è piena di bellezza e che la pittura non deve mai perdere il contatto con la fedeltà della terra. Se dipingi un paradiso esso procede comunque dalla terra e avrà sempre un legame terrestre.